Bora Baboci, João Freitas, Enej Gala, Albano Hernandez, Mehdi-Georges Lahlou, Mirthe Klück, Leonardo Meoni, Giovanni Oberti, Oscar Abraham Pabón, Eugenia Vanni, Xiao Zhiyu, Francesco Carone
Bora Baboci, Adam Bilardi, Enej Gala, Cecilia Granara, Julien Monnerie, Jessy Razafimandimby, Ambra Viviani
Giulio Delvè, João Freitas, Mirthe Klück, Marco Andrea Magni, Giovanni Oberti, Oscar Abraham Pabón, Namasal Siedlecki, Jamie Sneider, Eugenia Vanni, Xiao Zhiyu
João Freitas, Mirthe Klück, Marco Andrea Magni, Oscar Abraham Pabón, Eugenia Vanni
Mirthe Klück, Marco Andrea Magni, Eugenia Vanni, Serena Vestrucci
Sara Enrico, Helena Hladilovà, Pietro Manzo, Giovanni Oberti
Nel tessuto intricato dell’universo, ogni forma di vita interagisce in un balletto cosmico di interdipendenza reciproca. Eppure, l’umanità ha spesso dimenticato questo principio fondamentale, concentrando le proprie energie sull’egoismo e sulla dominazione per tornaconti personali di tipo speculativo e di profitto, anziché sulla cura e sulla condivisione.
Ma cosa accadrebbe se invertissimo questa mentalità? Se per esempio compissimo un’azione che porti a rifondare un nuovo mondo, costituito da un approccio differente alla vita? Cosa accadrebbe quindi se piantassimo un nuovo seme, il seme della cura e lo coltivassimo con amore e dedizione?
Sowing the seed of care intraprende un’esplorazione attraverso la mitigazione degli impatti negativi delle azioni umane, passate e presenti, sugli organismi non-umani. La mostra intende sfidare la tradizionale visione dell’uomo come dominatore incontrastato della natura, suggerendo che la grandezza umana risiede nella capacità di riparare, preservare e coltivare un rapporto simbiotico con le altre specie.
Rompendo gli schemi di pensiero tradizionali, il progetto si spinge oltre la visione umanocentrica con un approccio che promuove la costruzione di futuri alternativi, in connessione intrinseca tra natura e umanità con l’attuazione di politiche di cura.
La cura diventa il fulcro intorno al quale ruota l’intero tessuto sociale. Non si tratta semplicemente di proteggere le altre specie per un tornaconto materialistico, bensì di abbracciare un profondo senso di responsabilità verso di esse. Prendersi cura è un atto di amore e rispetto. Significa nutrire, proteggere e preservare il delicato equilibrio dell’ecosistema. Significa riconoscere il valore intrinseco di ogni forma di vita e agire di conseguenza, trattando ogni essere con dignità e amore.
Ispirate da discussioni sull’immaginazione, sul pensiero collettivo e sull’ecologia plurale, le opere in mostra sviluppano nuove prospettive di pensiero post-umanista, composte da uno spazio della cura, della riparazione e della rigenerazione.
Popolata da ortaggi, frutti, animali, suoni e da figure con sembianze antropomorfe, la mostra si svolge in tre sedi cittadine ed è da considerarsi come uno spazio d’incontro tra universi sensibili. Vengono presentate nella sede della Galleria Fuoricampo le opere di Bora Baboci, Adam Bilardi, Enej Gala, Cecilia Granara, Julien Monnerie, Jessy Razafimandimby, Ambra Viviani, alle quali si aggiungono due interventi installativi, rispettivamente di Baboci negli spazi dell’Orto Botanico e di Viviani all’Accademia dei Fisiocritici.
Sowing the seed of care è più di una metafora. È un invito a immergersi nella coesistenza radicale e nella creazione di reti di cura e nelle elaborazioni immaginative legate all’ambiente. È un atto di decentramento e riflessione sulla costruzione di connessioni empatiche e sostenibili. Seminare consapevolezza e responsabilità, coltivando la cura per il nostro ambiente, per gli altri e per noi stessi, significa introdurre una prospettiva che promuove la rigenerazione anziché l’esaurimento, sostenendo un futuro dove la compassione e l’attenzione reciproca sono le radici di una società floridamente equilibrata. Sowing the seed of care è un invito a coltivare cambiamenti significativi, ad abbracciare un approccio olistico e a contribuire alla creazione di un mondo più armonioso.
La fondazione di una caring society diventa così una forma di resistenza ai processi di precarizzazione e un metodo di creazione di nuove forme di vita, fondate sull’interdipendenza tra specie. Solo in questo modo si può sperare di aprire la strada a una coesistenza armoniosa tra l’uomo e le altre forme di vita sulla Terra, sfidando la concezione tradizionale dell’umanità come separata dalla natura e promuovendo un dialogo etico e responsabile.